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INCONTRO CON IL DESIGNER
Qual è stato il primo passo nel ricreare Cloud City sotto forma di set LEGO®?
Diciamo che ho iniziato tanto tempo fa! Molti anni prima che fosse deciso di
sviluppare una nuova Cloud City, avevo costruito una piccola Slave I, la nave di
Boba Fett™, con un altro set di Bespin in cantiere. Poiché sono un fan e collezionista
di LEGO® Star Wars, Cloud City è sempre stata in cima alla mia lista dei desideri
personale e quindi ho iniziato a esplorare diversi concetti sin dall’inizio. Per me, la
Slave I appartiene a Cloud City. Senza di essa, qualsiasi set di gioco non sarebbe
completo.
Più tardi, nel processo di progettazione, mi sono reso conto che dovevo creare
dello spazio al suo interno per posizionare il blocco di carbonite con Han Solo™
congelato: altrimenti, come avrebbe potuto Boba Fett trasportare la sua preda?
Con un modello così piccolo, questa è stata una sfida non indifferente!
Quali punti di riferimento hai utilizzato?
La principale fonte di riferimento e ispirazione sono stati gli screenshot dell’Episodio
V, L’IMPERO COLPISCE ANCORA. È interessante vedere come cambiano le
condizioni di luce sul set del film, un aspetto che influisce sui colori di alcune aree.
Credo che i nostri eroi arrivino la mattina presto. Al termine della giornata, quando
riescono a fuggire, il sole sta tramontando. È stato importante tenere presente
questo aspetto quando abbiamo scelto, per esempio, i colori per la piattaforma di
atterraggio: sappiamo che è grigia, ma non è mai così nel film. Questo è il motivo per
cui ho scelto colori più caldi, quali il marrone e il marrone scuro, per quest’area.
Hans Burkhard Schlömer
Cosa ti ispira particolarmente nell’ambientazione di Cloud City?
Per me, come designer, la scenografia del film è semplicemente incredibile. È uno stile
art deco molto elegante. Una volta che si comincia a prestare davvero attenzione, è
possibile scoprire tantissimi piccoli dettagli. Volevo avere questi dettagli nel mio set.
Tutti quanti!
Anche l’umore e i colori cambiano quando ci si sposta da un’area all’altra. È una sorta
di codifica a colori! Mentre le stanze e i corridoi inizialmente sono per lo più bianchi,
aperti e ariosi, quando si entra nell’area della prigione, sono rapidamente sostituiti da
un rosso scuro opprimente. Il mio dettaglio preferito sono gli “occhi minacciosi” nelle
pareti esterne delle celle della prigione: luci che si illuminano quando le persone ci
passano davanti.
Qual è stata la parte più impegnativa del processo di progettazione?
Il processo di progettazione di Cloud City non è stato totalmente lineare. La maggior
parte degli interni è stata presente sin dall’inizio, in una forma o in un’altra, ma il
concetto generale è cambiato più volte. Non è stato facile collegare insieme tutte le
stanze per dare forma al modello. Le quattro travi superiori che delimitano il tetto/
il guscio esterno di Cloud City svolgono questo lavoro in modo efficiente, senza
ostacolare le aree di gioco.
L’obiettivo era ottenere un linguaggio progettistico simile a quello del nostro set della
Morte Nera, con meno mattoncini e con tutte le stanze disposte su un unico livello.
Hans Burkhard Schlömer