MM. Sulla carta un’opzione in linea con un prodotto di tale
l
evatura e per il quale un pre-phono dedicato è pratica-
mente d’obbligo. L’uscita audio è ottimizzata per l’ingresso
MM dei pre ed integrati della Casa.
Da ultimo: l’MT5 è “pensato” a New York ed assembla-
to in Germania, come recita la precisa didascalia impres-
s
a sull’acciaio, nel retro del giradischi. Come mai? La ri-
sposta è semplice: McIntosh nasce nel 1949 come pro-
duttore di amplificatori. Nel tempo la Casa si propone come
costruttrice di tutti gli elementi di una catena audio ma,
nello specifico e difficile settore dei giradischi, collabora-
re con la tedesca Clearaudio è stata una scelta (necessità?)
quanto mai opportuna e sicuramente vincente. Abbiamo
la spinta innovativa di due grandi aziende Hi-End nel “ve-
stito” così particolare, affascinante e fortemente caratte-
rizzato della Casa americana (qui mi viene da dire: una col-
laborazione che pur provenendo dal tutto sommato pic-
colo mondo dell’Hi-Fi ha – con il senno della stretta at-
tualità dei giorni in cui scrivo queste righe - un qualcosa
di simbolico, rispetto a strette di mano negate e facce di
bronzo ostentate…).
ASCOLTO
Terminato il “rito” cui sopra si accennava e smessi gli sco-
modi panni del crociato dell’alta fedeltà, riconduciamo noi
stessi sui prosaici e tranquilli sentieri di chi ha il gradevole
compito di raccontare come suona l’MT5. Solitamente, con
improvvida e pervicace testardaggine, resisto alla tenta-
zione di gironzolare in rete alla ricerca di che cosa altri pen-
sino degli ascolti dei prodotti che io stesso sto “testando”.
Non si tratta di voler essere saccenti o presuntuosi ma di
mera autodifesa: sapendo di non sapere, scelgo di impa-
rare da me, e di farmi un’idea libera, piuttosto che cerca-
re “l’imbeccata”. Se un componente hi-fi suona bene (o
meno bene) devo deciderlo in autonomia, farmene con-
vinto ascoltando quello che mi piace e quando mi va e pos-
sibilmente, le prime volte, da solo, altrimenti anche il flus-
so delle passeggere valutazioni familiari rischia di portarmi
fuori strada (o di farmi credere che ci stia andando…).
Dunque, come suona l’MT5? Diamine, dannatamente bene,
direi americanizzando un’esclamazione che in italiano suo-
nerebbe un po’ diversa. Celie a parte. Appena terminato
il setup iniziale e, curioso come una scimmia, sistemato
sul piatto il primo LP, l’impressione è stata: bello. Ero però,
liberamente ed autonomamente, in errore. Aprire la sca-
t
ola, preparare il giradischi, mettere un disco ed avviare
il piatto non significa, anche nel caso dell’MT5, avere a di-
sposizione fin da subito alta qualità di riproduzione. Dopo
5 minuti del primo disco ero già un pelino stanco, con una
leggera traccia di disillusione presente nei miei pensieri:
m
i aspettavo di più e il Paolo Conte che stava girando non
mi stava dando questo “di più”. Mi sono quindi disposto
a non lesinare sul cambio dei vinili e sul tempo in cui l’ap-
parecchio è stato acceso e suonante. Dopo un paio di set-
timane il suono dell’MT5 si è “assestato” e livellato su po-
sizioni decisamente molto alte. Altissime, così come reci-
ta il già citato titolo di “Rolling Stone”? Non saprei dav-
vero dirlo. Ma se non siamo nel laicissimo empireo dei gi-
radischi, ci fermiamo solo qualche girone più in basso e
comunque rimaniamo molto vicini ai vertici. Ho già
scritto dell’ascolto del CD “You want it darker” di Cohen;
mi sono procurato l’LP ed il primo ascolto “critico” l’ho
effettuato proprio con l’MT5. Non so… sarà una questio-
ne di psicoacustica… sarà stato un momento in cui ero
emotivamente sensibile ma, diamine, mi sono corsi i bri-
vidi per la schiena con tanto di pelle d’oca sulle braccia.
Un suono al contempo denso e leggero, denso nel conte-
nuto e nella riproduzione e leggero nella capacità di que-
sta riproduzione di essere fruita. Scusate, in una parola sola:
un suono NATURALE, per quanto questa caratterizzazione
possa essere ascritta ad una registrazione in studio. E vo-
glio aggiungere: una riproduzione molto, molto precisa.
La voce di Cohen scende in basso, graffia i sensi di chi ascol-
ta, canta/recita con una forza ed un calore inaspettati.
L’MT5 restituisce una scena assolutamente corretta, un con-
trasto elevatissimo. La riproduzione è quasi olografica ma
non parliamo di full HD, qui siamo nel campo del reale
reso con realismo ed espressività. Nella sua, apparente,
semplicità, il disco di Cohen viene riprodotto con tutte le
sfumature presenti e con una dinamica davvero notevo-
li. Piccole variazioni o accenti musicali, là dove siano pre-
senti, l’MT5 ce li restituisce con assoluta precisione. La mi-
glior chiosa a tutto quanto sopra scritto me la offre mia fi-
glia mentre effettua con me l’ascolto, sprofondata nei te-
sti del disco: “Ma papà, sembra di averlo in casa!”.
In questo caso ovviamente non ci sono problemi. Ma se,
come ho fatto con un salto mortale degno del miglior tra-
pezista, decido di passare da Cohen a “Cambio” di Dal-
63McIN
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MT5 ▼ FDS 257